Ennio Ripamonti: Il lavoro che slega.
La comunità alle prese con le nuove forme di impiego
L’incontro di sabato 12 aprile con Ennio Ripamonti (presso il Centro Universitario, dalle 9,30) è proposto dalla Scuola del Legame Sociale insieme a “Un attimo di Pace“, una proposta voluta dal vescovo di Padova per raggiungere gli adulti della città , della diocesi e quanti verranno a contatto con l’iniziativa tramite il web per proporre alcuni momenti di riflessione e spiritualità non convenzionale.
“È arrivato il tempo di cambiare marcia, con una rinnovata assunzione di responsabilità che veda prevalere l’impegno e la disponibilità di tutti verso il lavoro.
Con il lavoro, c’è da salvaguardare il bene incommensurabile della coesione sociale e, soprattutto, di quella spirituale e culturale dei nostri popoli che – resi ricchi dal dono della fede e con una laboriosità esemplare e intelligente – hanno saputo compiere nel tempo memorabili opere di promozione umana.â€
Con queste parole (estratte dall’appello completo) i Vescovi del Triveneto hanno ricordato la ricorrenza del 1° maggio 2013 e da queste parole ci piace partire per introdurre l’appuntamento con Ennio Ripamonti.
Ci chiediamo quanto l’attuale condizione lavorativa rifletta la società o, al contrario, la deformi.
E’ la mancanza di legame sociale a generare forme di lavoro “impersonali†oppure è il mercato del lavoro, caratterizzato da precarietà e mancanza di politiche di conciliazione, a portare ad un logoramento della coesione? Lo scontro intergenerazionale è padre o figlio di un sistema lavorativo senza “maestri†e senza “discepoli�
Cercando di indagare questi elementi, e ripartendo dal legame sociale, potremo tessere le fila per rinnovare il lavoro e ri-considerare come elementi cardine per il benessere individuale e comunitario, lavorativo ma non solo, la fiducia, la solidarietà e la valorizzazione delle competenze.
“Il tema mi riporta alla mente il breve saggio La società della stanchezza, nel quale Byung-Chul Han sottolinea proprio come la pressante richiesta di prestazione si traduca in una richiesta lavorativa che aliena non solo il singolo, che è visto (e si vede) come super-individuo, ma anche i gruppi, le comunità . E’ possibile che ad essa si possa rispondere solo rivedendo i tempi di lavoro e soprattutto di relazione? Questo significa probabilmente anche rivedere il lavoro come valore, o meglio la sua posizione nella gerarchia valoriale. E’ il lavoro-per o il lavoro-con che mi umanizza?
Dall’altro lato adottiamo come riferimento Richard Sennett, non solo de L’uomo artigiano, ma forse soprattutto di Insieme: le pratiche dialettiche (comunicazioni di nozioni/dati volte ad essere utilizzate in velocità , in ordine all’efficacia) sembrano avere la meglio su quelle dialogiche (che però costituiscono il cuore di esperienze lavorative più “umaneâ€). Il modo con cui stiamo al lavoro ha a che fare con il modo con cui pensiamo e viviamo l’essere gruppo/comunità ?â€
Ennio Ripamonti è psicosociologo e formatore, docente a contratto di ricerca intervento di comunità presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Si occupa di programmi di sviluppo di comunità nel campo delle politiche di welfare, prevenzione, cittadinanza attiva, rigenerazione urbana e politiche giovanili.