Quest’anno riparte la SCUOLA DEL LEGAME SOCIALE. E’ il terzo biennio: dopo il primo, che è stato dedicato all’esplorazione delle tematiche trasversali legate al legame, e il secondo, centrato sull’economia, questa volta parleremo del LAVORO e delle sue letture in ordine al legame sociale stesso.
Il corso è partito, ma le iscrizioni sono ancora aperte, per poter rinforzare il gruppo.
Questo il link per scaricare il calendario.
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Il titolo è suggestivo e provocatorio: LAVORARE STANCA? Qualche volta stanca cercare il lavoro o solo… pensare al senso del lavoro che ci circonda, oggi. Ma questo senso è cambiato nel tempo? I nostri nonni lo pensavano diversamente? E le nostre nonne?
(…)Non è certo attendendo nella piazza deserta
che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade
si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,
anche andando per strada, la casa sarebbe
dove c’è quella donna e varrebbe la pena.
Nella notte la piazza ritorna deserta
e quest’uomo, che passa, non vede le case
tra le inutili luci, non leva più gli occhi:
sente solo il selciato, che han fatto altri uomini
dalle mani indurite, come sono le sue.
Non è giusto restare sulla piazza deserta.
Ci sarà certamente quella donna per strada
che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa.
Cesare Pavese, Lavorare stanca (1943)
“Lavorare stanca” mi è sempre parso il detto di uno che non se ne intendeva molto. Del lavoro duro, che richiede vera fatica, sembra assurdo, vagamente blasfemo, dire che “stanca”. In officina da noi, una delle componenti essenziali del lavoro era la forza che ci voleva, alzare i monoblocchi, sollevare enormi pesi con le argane, installare nelle loro sedi i magici alberi a gomito dei cami, o i potenti differenziali.
L’orrore per le morti di mio padre o dei miei zii, o anche di Toni dalle Case o di Bepeto Vecia (mai avvenute per fortuna), urtati dalle oscillazioni di quelle mostruose masse appese a una catena, o maciullati sotto orrendi blocchi di metallo sfuggiti ai ganci, sconvolgeva in brevi lampi le mie notti e qualche volta di straforo le ore del giorno. Era così il lavoro, duro e pericoloso, ma non stancava.
Luigi Meneghello, Le carte (1999) p. 396 (pensiero datato 1968)